Molti addetti ai lavori si stanno chiedendo quali saranno gli effetti a lungo termine della situazione che stiamo vivendo e se ci saranno ripercussioni permanenti su stile di vita, usi e costumi, modalità relazionale.
Essendo una situazione nuova per tutti anche per noi professionisti della salute psicologica è difficile fare previsioni del tutto certe e non possiamo accedere a dati relativi a studi e statistiche perché ancora non esistono. Molti di noi stanno facendo ricerca sul campo valutando i cambiamenti nei clienti in terapia.
Fin dall’inizio del lockdown mi sono interrogata rispetto alle implicazioni sul breve, medio e lungo periodo della situazione in essere ed ho già scritto alcuni articoli a tal proposito. Ora voglio concentrarmi sugli effetti a lungo termine perché ho iniziato a notare cambiamenti significativi in molti miei clienti. Riporto di seguito alcune ipotesi relative a situazioni che stiamo vivendo.
Isolamento, quarantena e distanziamento sociale ci hanno costretto a fare a meno degli altri: in questi mesi abbiamo imparato a fare affidamento solo su noi stessi in molti ambiti di vita quotidiana perché non possiamo frequentare le altre persone. A livello relazionale ed affettivo è possibile che questa esperienza prolungata promuova la chiusura in se stessi con atteggiamenti autoreferenziali e la comparsa di autonomie emozionali eccessive. E’ possibile che nei rapporti interpersonali sia intervenuta una certa freddezza essendo venuta meno la condivisione di momenti ed esperienze, elemento che rafforza i legami ed aggiunge calore alle interazioni.
Sensazione di pericolo costante e continue notizie allarmanti portano a vivere in un perenne stato di stress: sappiamo che la reazione psicologica e fisiologica allo stress costituita da produzione di neurotrasmettitori ed ormoni specifici è utile per attivare l’intero organismo alla risposta a situazioni di rischio o nelle quali è richiesta una performance intensa. Tale meccanismo può tuttavia risultare deleterio nel caso in cui la situazione stressogena sia prolungata a causa degli effetti logoranti che tali sostanze hanno sul corpo. Unitamente a questo la percezione di essere in costante pericolo oltre che sollecitare stati ansiosi anche di forte intensità porta a prendere le distanze affettive dal contesto: si può assistere quindi alla creazione di distanze emotive da ciò che viene vissuto pericoloso incluse le persone che in questa situazione sono potenziali vettori di contagio.
La consapevolezza che l’altro sia possibile portatore del virus ci porta ad assumere atteggiamenti difensivi supportati da sospetto e diffidenza (sarà contagiato? Si sarà disinfettato le mani? Stiamo attenti che non si avvicini troppo!). Possiamo quindi percepire un aumento a volte anche massiccio di vissuti paranoidei in cui le altre persone sono minacce potenziali: talvolta tali sospetti possono diventare dilaganti e riguardare anche ambiti diversi da sanitario. Di conseguenza si possono attivare in noi convinzioni di pericolo costante durante le interazioni con le altre persone con inevitabile riduzione di spontaneità e naturalezza fino ad arrivare alla chiusura difensiva che porta all’esclusione dell’altro dal nostro contesto quotidiano dove possibile.
Continui cambiamenti e restrizioni portano alla necessità di costanti adattamenti ad un contesto in mutamento: a livello psicologico l’adattamento costa grandi energie mentali ed affettive e la sollecitazione continua del nostro sistema psichico in tal senso porta inevitabilmente ad un logoramento delle risorse interiori. La conseguenza principale è la sensazione di non farcela e di non avere sufficiente forza per affrontare la situazione ma possono verificarsi anche cadute delle difese psicologiche con aumento della irritabilità e sbalzi dell’umore. Il continuo mutare del contesto a causa di nuovi decreti e nuove indicazioni porta a percepire incertezza ed instabilità che a loro volta possono causare immobilismo, mancanza di progettualità e la tendenza a “vivere alla giornata”.
La chiusura di attività e luoghi di svago causa forti limitazioni rispetto ad abitudini quotidiane e libertà di movimento: è possibile percepire di subire un danno dalla situazione di contagio e dalle disposizioni ad essa connesse alimentando l’idea di essere vittime del contesto. Il senso di deprivazione e mancanza rispetto a ciò che ci è stato tolto può portare a “voracità di appagamento” che si manifesta attraverso eccessi in vari ambiti a scopo compensatorio. Cibo ed alcol di solito assumono valenza consolatoria ed è possibile che ci si faccia concessioni eccessive a tavola nella convinzione di meritarsele perché già molto deprivati altrove. La voracità a tavola ed anche in altri contesti consentiti dalla situazione attuale (per esempio shopping e sesso) può essere sollecitata anche dalla sensazione che la vita sia fugace e mutevole: come dire “godiamocela intanto che si può”.
Diversi miei clienti mi riferiscono di iniziare a dubitare dell’utilità delle misure di contenimento del contagio e questo porta a pensare che la mancanza di spiegazioni attendibili e convincenti sui decreti solleciti diffidenza nelle istituzioni aumentando il senso di incertezza. Non ricevere motivazioni convincenti sulle pesanti norme applicate aumenta il sospetto e fa dubitare della competenza degli organismi deputati alla tutela della popolazione. Una delle maggiori conseguenze è la difficoltà di adesione a quanto disposto come anche la comparsa di atteggiamenti oppositivi e trasgressivi.
La consapevolezza rispetto alle ripercussioni di ciò che stiamo vivendo è uno strumento indispensabile per mantenere lucidità e poter gestire meglio i nostri vissuti. Sapere che siamo sollecitati su più fronti, non solo su quello sanitario, ci può aiutare ad attuare strategie funzionali di autotutela e di promozione del nostro benessere evitando la tossicità di alcuni vissuti e comportamenti.